
Fari testimoni silenziosi dell’Arcipelago Toscano
Fari, testimoni silenziosi dell’Arcipelago Toscano: Reportage sui fari delle isole Toscane: Elba, Pianosa, Capriaia, Montecristo, Giglio e Giannutri
Progettati per durare nel tempo e spettatori di mille avventure, i fari da secoli illuminano la via nella più cruda oscurità. Collocati all’entrata dei porti, da sempre agevolano l’approdo notturno, aggiudicandosi il nome di “Guardiani degli Oceani “. Ognuno di essi, con il proprio stile architettonico, ci racconta il carattere del luogo in cui risiede evidenziandone i valori ambientali e naturali.
Testo da Kelly Fontana Ravaz, Young Reporter del Parco Nazionale Arcipelago Toscano, Fotografie di Antonello Marchese. (Comunicato Stampa 01 marzo 2023)
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Cominciamo il nostro viaggio dall’Isola di Giannutri, l’isola più a sud dell’Arcipelago. Giannutri ospita nel suo territorio una torre luminosa: il faro di Capel Rosso. Costruito sulla punta più meridionale dell’isola, Punta Rossa, si erge maestoso sulle suggestive falesie dei Grottoni. La torre venne costruita nel 1861 ma attivata solo nel 1883. Oggi l’alimentazione è fotovoltaica ad ottica fissa con una portata di 13 miglia nautiche.
Ogni primavera e ogni autunno, quando le temperature lo consentono, il Parco Nazionale propone una passeggiata alla scoperta di questo sito incontaminato e alla sua relativa area protetta. La meta si raggiunge percorrendo una fitta distesa di macchia mediterranea, tra euforbia e lentisco, che regala incredibili panorami.
Il faro di Pianosa viene inaugurato nel 1864 e s’innalza nella parte più a est dell’isola. La lanterna è alta 42 metri ed è il punto più alto di Pianosa, questa poggia su una torre in muratura bianca a sezione circolare che si eleva su un edificio rettangolare utilizzato, in passato, come abitazione per i guardiani addetti alla manutenzione. Oggi, come la maggior parte delle infrastrutture semaforiche, il lavoro è stato automatizzato. L’ alimentazione è elettrica e la luce è prodotta da una lampada alogena che genera due lampi ogni 10 secondi.
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Ad illuminare le coste frastagliate dell’isola di Gorgona ci sono due fari. Due semplici torri in fibra di vetro alte 5 metri e con una portata di 9 miglia nautiche. Una si trova nel punto più a nord, a Cala Maestra, a 105 metri sul livello del mare. L’altra, si alza su Cala Scirocco, nell’estremo sud a 45 metri sul livello del mare. Entrambi alimentati con energia fotovoltaica.
Per qualche misterioso motivo sull’Isola di Montecristo non si trova nessuna torre luminosa nonostante la sua posizione molto ravvicinata alle “Formiche di Montecristo“: un banco roccioso affiorante nel Mar Tirreno, a ovest dell’isola, fondamentale per dare riposo agli uccelli durante la loro rotta migratoria. Le “Formiche” hanno rappresentato sin dai tempi più remoti un enorme pericolo per i naviganti. Numerosi sono stati i velieri che hanno interrotto la loro rotta sulla secca facendovi naufragio.
La torre innalzata sullo scoglio d’Affrica dopo la Seconda Guerra Mondiale al posto della preesistente torre metallica che fu distrutta da una tempesta. Un primo segnale marittimo fu costruito nel 1867 sulla più estesa più estesa delle “Formiche”: lo scoglio d’Affrica, conosciuto anche come Africhella. La torre metallica era alta 16 metri compresi gli alloggi per i guardiani e si ergeva ad appena un metro sul livello del mare. Il faro fu subito soprannominato “la gabbia” a causa delle numerose difficoltà che i faristi erano costretti ad affrontare per gestirne la sua conduzione. Arrivò poi, però, una tempesta che distrusse la costruzione e solo dopo la Seconda Guerra Mondiale fu innalzata una nuova torre, quella che possiamo ammirare ancora oggi. Alta 19 metri, poggia su una base conica ed ha una luce bianca fissa che vanta una portata di 12 miglia.
Numerose sono le torri luminose, tra fari e semafori, che si ergono sulle scogliere elbane. Fin dai tempi antichi esse svolgono un ruolo cruciale nella gestione del traffico marittimo facendo dell’isola un’importante punto di riferimento per la navigazione del Mar Tirreno.
Grazie alle loro straordinarie caratteristiche architettoniche e alla loro naturale integrazione nel paesaggio costiero possono ritenersi un vero e proprio patrimonio culturale da salvaguardare e valorizzare. Citiamo alcuni tra i più importanti: il Faro di Forte Stella, Capo Focardo, Punta Polveraia e Monte Poro.
Il faro di Forte Stella a Portoferraio
Il faro di Portoferraio, uno tra i più celebri d’Italia, s’innalza nel complesso di Forte Stella. Situato sul bastione di Grecale della fortezza portoferraiese domina l’antica città Medicea, il porto e l’intero golfo. La costruzione di questo edificio si deve a Pietro Leopoldo, Gran Duca di Toscana nel 1765, e ben presto divenne simbolo dell’Elba. Ancora oggi infatti, approdando sull’isola, è tra i primi punti che si possono scorgere dalla nave.
La torre in granito è alta 25 metri e sovrasta la Villa dei Mulini, prima residenza di Napoleone durante il suo esilio. In sostituzione ai 30 stoppini ad olio utilizzati in passato oggi l’illuminazione è alimentata da una lampada alogena che emette tre lampi bianchi ogni 14 secondi con una portata di 16 miglia marine.
Il faro di Monte Poro venne costruito nel 1979 con l’intento di funzionare da subito automaticamente. Vanta una luce bianca fissa con una portata di 16 miglia. La struttura semaforica di Monte Poro si erge lungo la costa meridionale dell’Isola nel territorio comunale di Campo nell’Elba. La lanterna metallica è provvista di lente Fresnel, come molti altri fari dell’isola, questa è in grado di moltiplicare la luce ampliandone il fascio luminoso e rendendolo visibile a grandi distanze.
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Inizialmente alimentati a petrolio sostituito, poi a metano e infine a corrente elettrica i fari dell’Arcipelago Toscano oggi sono stati resi tutti automatici ponendo così fine alla romantica e leggendaria figura del guardiano del faro.
L’ultimo a ricoprire questo ruolo, così affascinante quanto complesso, nelle sette perle del Parco Nazionale è stato Muzio Berti. Dopo una serie di lavori in Sardegna come farista, Muzio prese servizio a Pianosa come dipendente del servizio fari della Marina Militare Italiana, per terminare poi la propria carriera nel 2001 a Punta Polveraia. Qui trascorse ben 32 anni della sua vita insieme alla moglie e ai 4 figli, che nonostante le difficoltà dovute al particolare mestiere del padre riuscirono a diplomarsi e laurearsi.
Ricordano con affetto i piacevoli anni trascorsi a Pianosa, la colonia penale da cui si potevano acquistare prodotti alimentari freschissimi per pochi soldi. Raccontano anche della scogliera di Punta Polveraia spazzata dai venti di Libeccio e Maestrale che scruta e illumina il mare tra l’Elba e la Corsica.
“…C’è da percorrere un sentiero lungo tutta la punta, a mezza costa, che separa una pineta, con i pini alti in pendio fra il sentiero e gli scogli. Fino a dove la punta ha una groppa curva ed arieggiata di macchia mediterranea che guarda all’esterno del golfo, là dove il sentiero rimane in ombra.” Così Raffaello Brignetti, importante scrittore elbano, figlio di un fanalista dell’Isola del Giglio rievoca quegli anni vissuti a Forte Focardo tra natura e mare. Visse all’Elba e con la famiglia girò tutte le strutture di segnalazione dell’Isola.
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